TERAMO – L’esame autoptico sulla salma di Piermario Morosini avrebbe rintracciato una ‘area cicatriziale’ nella zona ventricolare sinistra. Si fa sempre più probabile quindi l’ipotesi che a stroncare la vita del centrocampista del Livorno possa essere stata una miocardite che avrebbe colpito il circuito elettrico del cuore. L’aver localizzato una lesione in quell’area quindi rafforza la probabilità di aritmie che possono aver provocato la fibrillazione ventricolare. Per la conferma definitiva bisognerà attendere l’esito degli esami istologici effettuati sui reperti, ma ci vorrà ancora del tempo. Secondo l’anatomopatologo dell’Università di Chieti Domenico Angelucci, istituto presso il quale è stata effettuata l’autopsia dal medico legale incaricato dalla procura di Pescara Cristian D’Ovidio, qualora la diagnosi fosse confermata il decesso di Morosini sarebbe avvenuto lo scorso 14 aprile allo stadio Adriatico "come per corto circuito. La corrente elettrica nel cuore va ‘in una certa direzione’ – spiega il medico – una eventuale infezione che provoca un danno materiale interrompe il circuito e provoca delle fibrillazioni ventricolari". Ora non è dato sapere quando Morosini possa aver contratto questa infezione e se gli eventuali controlli possano aver rilevato una eventuale anomalia, ma è lo stesso dottor Angelucci a chiarire che "spesso questi danni sono o minimi o confondibili con anomalie congenite, fino a quando il circuito non si interrompe in modo tragico". Se queste ipotesi dovessero essere confermate dalle analisi, si aprirebbe allora uno scenario nuovo nelle indagini, con la ormai nota domanda sull’uso del defibrillatore sul campo. Non è affatto escluso che la magistratura voglia andare fino in fondo con l’inchiesta per accertare le eventuali responsabilità nei soccorsi.